La questione di fondo su cui dobbiamo confrontarci in questo articolo è se a fronte di travagliati problemi sentimentali sia meglio l’approccio della Terapia di coppia o quello della psicoterapia individuale o se al limite debbano o possono essere attivati entrambi. Il percorso da intraprendere è condizionato sicuramente in gran parte dalla formazione che ciascun terapeuta ha avuto nel proprio iter formativo così per esempio chi ha una formazione sistemico-relazionale sicuramente proporrà di affrontare la crisi con la coppia ; chi invece almeno fino a qualche anno fa, proviene da una formazione psicodinamica preferirà fare una presa in carico individuale di un partner rimandando magari l’altro partner ad un collega oppure si organizzerà in modo da fare sedute individuali separate con l’uno o con l’altro o peggio ancora con sedute di coppia pur non avendo avuto un addestramento specifico in merito. Vediamo ora di analizzare le varie opzioni praticate per svelare ciò che si nasconde dietro ogni percorso intrapreso. Iniziamo dal percorso di coppia e riassumiamo brevemente ciò che è già stato esposto precedentemente in modo più esteso in un altro articolo : La terapia di coppia si articola in due fasi: fase A) Di conoscenza o di consultazione in cui bisogna conoscere i problemi della coppia, il grado di compromissione o meno del suo funzionamento, la motivazione o meno di ciascun partner a rilanciare la coppia. Fase B) terapeutica in senso stretto in cui con “prescrizioni” mirate , si cerca di “riparare gli strappi che la coppia ha subito nel tempo aiutando i partners a ritrovare una connessione emotiva ma, se ciò non è possibile , accompagnare la coppia nel difficile percorso della separazione salvaguardando ciò che di positivo hanno costruito nel tempo nella loro relazione. Ciò premesso , nella prima fase , o subito all’inizio della seconda attraverso almeno un paio di colloqui individuali alternati il terapeuta deve conoscere e valutare ciò che di positivo o di negativo ciascun partner porta “in dote” dalla sua precedente esperienza di vita soprattutto famigliare e usando la metafora di un caro collega se nella dote portata si riscontrano dei sassi troppo pesanti (quasi dei macigni) che condizionano ancora negativamente la vita di una persona e di riflesso anche quella di coppia, si pone l’esigenza di poter avere uno spazio di approfondimento e di maggior conoscenza di questi pesi che può tradursi nella necessità di intraprendere anche un percorso individuale .
Un aspetto fondamentale in ogni psicoterapia anzi un requisito indispensabile della riuscita di un percorso terapeutico è l’alleanza terapeutica che, se si riesce a instaurare permette poi una buona alleanza di lavoro. Alleanza terapeutica in parole povere vuol dire che da una parte il paziente deve aver maturato l’impressione già prima dell’inizio delle sedute (ad esempio leggendo il suo curriculum o informandosi sul terapeuta) e successivamente durante le sedute stesse di essersi affidato al terapeuta adatto ai suoi problemi che lo percepisca come empatico cioè capace di capirlo e non giudicante, e dall’altra parte anche il terapeuta ha bisogno di percepire l’investimento o il credito di fiducia che il paziente fa nei suoi confronti .La fiducia del paziente la convinzioni di essersi affidato alla persona giusta , lo aiuterà poi ad aprirsi , ad affrontare argomenti scomodi o dolorosi e ad avere quel coraggio verso il cambiamento inizialmente mancante che è il presupposto di ogni psicoterapia. Ora va da sé che l’alleanza terapeutica in linea di massima, è decisamente più difficile crearla contemporaneamente con due persone in conflitto tra loro impegnate nella fase iniziale troppo spesso a evidenziare soprattutto i limiti e i difetti e le eventuali colpe del partner presentandosi inevitabilmente nel ruolo di vittima . La Psicoterapia individuale quindi ha indubbiamente salvo eccezioni, questo vantaggio sulla terapia di coppia e cioè permette più agevolmente il crearsi e lo strutturarsi di una buona alleanza terapeutica . Ma se questo è un pregio non indifferente , c’è però anche un aspetto non positivo per l’altro partner della coppia ben evidenziato dai coniugi Gotman nella premessa al loro libro: “Dieci principi per una terapia di coppia efficace” Gli autori riportano a proposito una ricerca del dott. Gurman che con le sue ricerche ha dimostrato che quando un cliente porta un problema di relazione all’interno di una terapia individuale, questo elemento si rivela un grande predittore del divorzio . Gurman sottolinea anche un aspetto noto e di tutta evidenza su cui però non si riflette mai abbastanza e cioè che in un trattamento individuale, un terapeuta viene a conoscenza solo di una “versione” della storia sentimentale senza avere un riscontro dato dall’altro partner. Il terapeuta mentre procede la terapia, è portato poi in linea di massima a “identificarsi” con il proprio paziente e quindi inevitabilmente consapevolmente o inconsciamente a incoraggiare lo stesso a “disfarsi “del partner che appare come la causa della sua infelicità. Capita di rado che il terapeuta incontri anche l’altro cioè ”il mostro” e in ogni caso diventa una operazione delicata e difficile perché se come è auspicabile l ’alleanza tra terapeuta è paziente è già strutturata, il partner si sentirà come il terzo incomodo e non adeguatamente compreso riguardo alle proprie ragioni, se invece l’alleanza non è ancora ben consolidata il rischio è che il paziente si senta quasi tradito non percependo più il terapeuta come completamente dalla propria parte. E’ vero che a questi problemi c’è un rimedio potenziale che è la supervisione che consiste nel riportare le dinamiche della terapia(individuale e a maggior ragione se di coppia) in un contesto dove un collega “più esperto”(supervisione individuale) e soprattutto ”esterno” cioè in una posizione più neutra è in grado di monitorare lo stato della necessaria alleanza terapeutica ma anche la eventuale “collusione” con il paziente nel proiettare tutte le colpe sull’altro negando il proprio personale contributo nella co-costruzione del disagio di coppia.
In sintesi possiamo concludere quanto segue: Per le ragioni sopra esposte per fronteggiare una crisi relazionale di coppia in linea di massima è preferibile che sia affrontata con una terapia di coppia. Se il disagio personale è causato in modo cospicuo da altri problemi precedenti o “esterni” alla coppia tipo: lutto non elaborato , perdita-compromissione del proprio ruolo lavorativo, processo di individuazione-separazione dalla famiglia di origine non risolto , dipendenza da sostanze, depressione maggiore ecc..può essere utile affiancare o far seguire anche un percorso di psicoterapia individuale ma certamente per le ragioni sopra esposte non con lo stesso terapeuta che ha in carico la coppia . Inoltre, a meno che la situazione sia grave o urgente, preferibilmente dopo che si è concluso il percorso di coppia che in una ottica sistemico -relazionale va ricordato che è comunque un percorso di terapia breve che si snoda nell’arco di una durata media di 15-20 sedute con due esiti inevitabili: o il rilancio della coppia, o un accompagnamento -aiuto verso lo scioglimento “concordato” della relazione. Ci sono poi situazioni di crisi che durano da diversi anni in cui o l’uno o l’altro partner ritiene che ormai la relazione non sia più recuperabile ma o perché hanno un figlio ancora minore in casa ed in una fascia d’età delicata tipo inizio scuola media, o perché provengono da famiglie di origine in cui la parola separazione/divorzio non è ancora pronunciabile di fatto si trovano in uno stato di malessere psicologico definito da Canevaro: “Né con te né senza di te!” che li immobilizza in una sofferenza apparentemente senza sbocco . In questi casi è preferibile un approccio di psicoterapia individuale con il partner che chiede aiuto anche se la sofferenza sarà vissuta inevitabilmente da entrambi i partners.
Dr. Fernando Cesarano
Psicologo Psicoterapeuta e Sessuologo Clinico a Gallarate
Psicologo, Psicoterapeuta e Sessuologo Clinico a Gallarate
Iscrizione Albo n. 434 gennaio 1990
P.I.
drcesaranof@gmail.com